Si chiama DJI ed è un’azienda cinese produttrice di droni per uso civile. Detiene il 70% del mercato mondiale in questo settore e coltiva progetti di sviluppo senza sosta. L’ultimo in ordine di tempo è un nuovo comando per pilotare il piccolo velivolo, che comprende una camera stabilizzata: essa permette di registrare immagini evitando bruschi movimenti che renderebbero inutilizzabile la registrazione.
In particolare, il modello di drone Phantom si è imposto come prodotto insostituibile per scattare fotografie e girare video dall’alto, essendo accessibile anche al pubblico amatoriale: in Francia, per esempio, è in vendita a circa 700 euro. Poi ci sono gli esemplari di alto livello, molto più costosi e che vengo utilizzati anche a Hollywood per le riprese cinematografiche.
L’anno scorso l’azienda cinese ha messo a segno un fatturato di 500 milioni di dollari (440 mln euro), il quadruplo rispetto al 2013. A partire dal 2009 il giro d’affari è cresciuto ogni anno da tre a cinque volte dando lavoro a 2.800 addetti. Ora l’attenzione si sta spostando sul segmento delle camere da impiegare a terra, e qui i cinesi entreranno inevitabilmente in collisione con l’americana GoPro. E pensare che tempo fa i due colossi avevano avviato un progetto di collaborazione, poi naufragato.
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